Come funzionano i certificati
Ti stai affacciando al mondo degli investimenti e, tra le altre cose, ti sono stati proposti dei certificati, strumenti d'investimento che ti riempiono di promesse e garanzie di vario tipo per il futuro. Tu però, prima di buttartici a capofitto, vuoi saperne un po' di più in merito.
Per questo sei venuto qui a cercare di capire come funzionano i certificati, per vedere se sono davvero così buoni come ti hanno promesso. Io ho intenzione di risponderti in questa guida, andando a trattare tutti i principali aspetti di questo strumento finanziario che devono interessarti.
Fin da subito però, ci tengo a dire che sono strumenti molto complessi, difficili da comprendere e, proprio per questa ragione in un mercato fatto di strumenti molto più lineari, non propriamente consigliabili nella maggior parte dei casi. Ovviamente i miei non sono consigli finanziari e io non mi assumo responsabilità circa l'uso che farai delle informazioni qui presenti, quindi dovrai adattare le nozioni apprese qui alla tua strategia d'investimento. Detto questo, procediamo.
Indice
- Cosa sono i certificati
- Tipologie di certificati
- Vantaggi dei certificati
- Svantaggi dei certificati
- Tassazione dei certificati
Cosa sono i certificati
Iniziamo a capire cosa sono i certificati, in quanto è forse la parte più complessa di questo discorso e che, a conti fatti, devi capire bene altrimenti non ha nemmeno senso pensare di utilizzare come strumento d'investimento. Ebbene i certificati sono strumenti finanziari sintetici emessi da enti (generalmente le banche), che vanno riprodurre l'andamento di un sottostante, seppur con delle regole e condizioni da applicare.
Non ci hai capito nulla? Normalissimo. Approfondiamo il discorso andando per gradi. Come saprai (o almeno dovresti sapere per arrivare a pensare ai certificati), il mercato finanziario è costituito da numerosissimi asset. Ci sono azioni, obbligazioni, materie prime, valute e moltissimi altri beni nei quali si può investire. A questo si aggiungono poi gli indici che replicano l'andamento di interi settori o di gruppi di aziende come NASDAQ, S&P500, Nikkei e molti altri ancora.
Ora, se un investitore qualunque vuole buttarsi nel mercato finanziario, la cosa più economica che può fare è quella di andare da un broker qualunque e comprare direttamente questi asset oppure, se non vuole investire direttamente in un singolo asset, comprare degli ETF che includono molteplici azioni e/o obbligazioni di settori, nazioni o del mondo intero.
Quali sono i costi generalmente di questi asset? Si parla di un TER (indicatore di spesa annua) che per la maggior parte degli ETF sta intorno o sotto allo 0,2% annuo (quindi 2 euro ogni 1.000 investiti), insieme allo spread d'acquisto di quell'asset stesso. Lo spread denaro lettera è la differenza di prezzo effettivo dell'asset, rispetto a quanto il venditore te lo vende, in quanto potresti non trovare qualcuno che te lo vuole vendere esattamente al prezzo di mercato, ma a qualcosa in più. Quanto è uno spread medio su un ETF tra i più grossi in circolazione? Circa lo 0,01% (quindi 1 euro ogni 10.000) per ogni acquisto effettuato che, a conti fatti, sarebbe in realtà solo la metà di questo valore, poiché lo spread è il valore tra il minimo prezzo di vendita e il massimo prezzo di acquisto quindi, se tu compri, pagherai metà dello spread.
Non ci hai ancora capito nulla? Prendi per buono che, se un ETF ha uno spread dello 0,01%, acquistando 10.000 euro di quell'ETF pagherai uno spread di 0,5 euro. Ora, perché questo è importante? Perché i certificati replicano l'andamento di questi asset o di una somma di questi asset, ma hanno condizioni tutte loro.
Un certificato può replicare l'andamento di un'azione, un paniere di azioni, degli indici, degli ETF, delle obbligazioni o fare un miscuglio di tutte queste cose e dare un certo rendimento in base al sottostante. Ma come fa questo? L'emittente, tramite una serie di strumenti finanziari, crea il certificato e lo vende ai suoi clienti.
Questo vuol dire che tu, investitore, non stai comprando il sottostante, ma lo strumento finanziario che l'emittente crea per replicare cosa sta sotto. Questo genera una serie di svantaggi e vantaggi che vedremo dopo, per ora però tiriamo dritti nel discorso.
dal momento che l'emittente crea questo strumento, ne decide anche le condizioni e, in un certo senso, il funzionamento. Questo vuol dire che può avere dei comportamenti molto differenti in base a ciò che, questa entità emittente, decide sia il suo scopo. Nel prossimo capitolo, ti mostrerò le tipologie esistenti.
Tipologie di certificati
Come detto poco fa, questi certificati assolvono scopi molto differenti tra loro, per questo devono esserci variegate tipologie di certificati. Vediamo quali.
Come funzionano i certificati a capitale protetto
Se ti chiedessi come funzionano i certificati a capitale protetto, sappi che essi garantiscono che, coloro che li hanno comprati, ricevano alla scadenza un capitale pari o superiore al prezzo di emissione. Se un certificato viene emesso a valore 100 e, durante la sua esistenza, perdesse di valore scendendo sotto questa soglia, all'investitore verrà comunque ridato indietro 100 a scadenza.
Ma come possono scendere sotto questa soglia? Semplicemente perché, come qualunque altro asset, sono quotati in borsa e sono soggetti alle fluttuazioni di mercato che, generalmente, sono determinate dal sottostante (ma non solo).
Ma allora sono lo strumento d'investimento definitivo? No, poiché sono piuttosto limitati nelle loro potenzialità. Per avere il capitale garantito, c'è ovviamente un costo che si ripercuote sul rendimento dello strumento stesso. Se, per fare un esempio, il sottostante di questo certificato offrisse un rendimento del 4% all'anno, probabilmente l'ente emittente si terrebbe il 2 o 3% di questi proventi, lasciandone appena l'1% all'investitore.
Ma è un 1% assicurato: meglio di niente, no? In realtà ci sono tutta una serie di altri fattori e rischi da considerare, ma questi li andremo ad analizzare nella sezione dedicata agli svantaggi (che sono comuni a tutti i certificati), per ora passiamo oltre.
Come funzionano i certificati a capitale condizionatamente protetto
Questo strumento si spiega abbastanza da solo, ma meglio dare qualche dettaglio in merito. I certificati a capitale condizionatamente protetto garantiscono un rendimento fisso e un capitale protetto (quindi rimborsato al 100%) a determinate condizioni.
La principale è che, il valore del certificato, non scenda oltre una soglia limite. Se il limite è il 30% e tu hai comprato il certificato a valore 100, esso garantirà il valore di acquisto e il rendimento pattuito a condizione che il suo valore a scadenza o durante l'intera durata del certificato non sia sotto i 70, in alcuni casi nemmeno una singola volta in un qualunque momento. Se sarà sotto, non avrai alcuna protezione e resterai con il controvalore reale di quel certificato. Anche qui, permangono tutti i costi e limiti di rendimento già citati nel capitolo precedente.
Come funzionano i certificati a capitale parzialmente protetto
I certificati a capitale parzialmente protetto invece proteggono una parte del capitale investito quindi, se compri a valore 100, garantiranno (per esempio) 60, ma il restante sarà soggetto alle fluttuazioni del mercato. Qui, a differenza del precedente però, non (dovrebbe) esistere la condizione di possibile perdita totale dell'investimento.
Ovviamente anche qui vanno soppesati i costi, sempre presenti, insieme ad altri fattori di rischio che sono sempre presenti per tutti i certificati e che vedremo in seguito.
Benchmark
I Benchmark sono certificati che puntano a replicare l'andamento di un indice o di un asset, ma con dei costi che generalmente gli impediscono di farlo (andando a calcolare il valore finale). Oltre a non offrire garanzie, hanno poco (per non dir alcun) senso d'essere dato che esistono gli ETF che hanno costi praticamente nulli e fanno le stesse cose, ma potrebbero acquistare significato in determinate situazioni finanziarie da valutare di caso in caso.
Come funzionano i certificati a leva
Se ti stessi chiedendo come funzionano i certificati a leva fissa, sappi che sono certificati che ti permettono di esporti a rischi esponenzialmente maggiori rispetto a quelli di un certificato classico, con altrettanto fattore esponenziale di perdite e guadagni.
Una leva finanziaria permette a chiunque di investire al di sopra delle proprie possibilità finanziarie, cosa che di per sé dovrebbe dirti fin da subito quanto è rischiosa. Per farti un esempio, se compri 100 euro di un certificato in leva 3, sarà come investire 300 euro, con gli altri 200 prestati dall'ente emittente.
In caso di perdita, tu perderai anche i soldi che non hai, a meno che ci siano sistemi di liquidazione e chiusura automatica della posizione in caso di superamento di certe soglie. Anche in questo caso, ci saranno forti penali per essere andati in liquidazione.
Certo, se il certificato prende il 20% del valore, tu guadagnerai su 300 euro investiti, non su 100, quindi tre volte tanto. Ma, in qualunque caso, starai contraendo un debito che potresti non essere in grado di ripagare. Anche nella migliore delle ipotesi, dovrai comunque fare i conti con i costi (probabilmente) esorbitanti di un certificato con denaro a prestito e, di base, già costoso.
Vantaggi dei certificati
Passiamo adesso a parlare dei vantaggi dei certificati prima e degli svantaggi poi. La lista dei vantaggi non è lunghissima, ma dipende sempre dall'ente che gli emette quindi ti consiglio di valutare bene di caso in caso cosa ti viene offerto.
- Capitale garantito — se parliamo dei certificati a capitale garantito, il vantaggio è sicuramente nella garanzia di valore finale. Va detto però che, in linea di massima, questi certificati sono generalmente emessi su asset molto sicuri (come magari le obbligazioni) che darebbero comunque un capitale garantito salvo fallimenti dell'emittente.
- Diversificazione — i certificati possono includere un paniere di asset molto diversificato e, sebbene ci siano degli ETF che sono molto ampi in quanto ad asset d'investimento, qui si possono raggiungere fattori di diversificazione superiori.
- Accesso a leve finanziarie — sebbene ci siano piattaforme che permettono d'investire in leva, i certificati sono più personalizzabili in questo aspetto e, con ogni probabilità, anche in grado di coprire investitori e trader che cercano esposizioni più adeguate alle loro esigenze.
- Dividendi — alcuni certificati offrono dividendi costanti, al netto dei costi dell'asset stesso. Esistono anche gli ETF a distribuzione che fanno la stessa cosa e costano una frazione dei certificati, ma a seconda delle esigenze finanziarie dell'individuo, potrebbero non soddisfare certi criteri.
Svantaggi dei certificati
Passiamo adesso agli svantaggi dei certificati perché qui c'è davvero molto da dire e, per un utente medio che non ha esigenze specifiche, rendono davvero difficile consigliarli.
- Rischio insolvenza — anche i certificati garantiti sono comunque garantiti dall'emittente, il quale è un'entità che potrebbe poi diventare insolvente. Questo perché sono sintetici, ovvero se con un ETF comprato su un broker serio o da una banca seria l'investitore compra dei titoli a suo nome che resteranno suoi anche in caso di fallimento del tramite che li ha venduti, qui invece si compra uno strumento sintetico emesso dall'ente emittente. Questo vuol dire che, in caso di fallimento dell'ente, quel contratto non ti lascerà nulla in mano. In determinate condizioni, un certificato garantito potrebbe essere molto più rischioso del sottostante. Se prendiamo (per fare un esempio) una obbligazione emessa da uno stato e il certificato garantito emesso da una banca di piccole o medie dimensioni che la replica, quante probabilità ci sono che fallisca prima lo stato della banca? La risposta la lascio a te.
- Costi elevati — sebbene non tutti i certificati abbiano costi elevati, la maggior parte li ha. Si parla di percentuali del 2 o 3% all'ingresso o più (quindi se compri 10.000 euro di certificati, 200 o 300 euro vanno di costi d'ingresso), insieme ai costi di mantenimento che possono essere di altrettanta percentuale. Questo, a lungo andare, può mandare l'investitore in perdita anche se il sottostante è in guadagno. Comparati con gli ETF e i loro costi quasi nulli, la differenza è quella che passa tra il giorno e la notte.
- Regole contrattuali non chiare — alcuni emittenti di certificati creano questi strumenti per profitto personale più che dell'investitore. Questo può voler dire clausole in piccolo non chiare, costi nascosti o molto elevati e ogni altro genere di scorrettezza. A chiunque tu ti rivolga, leggi sempre bene ogni singola riga di contratto e, se non capisci, cerca qualche persona esperta di tua fiducia e fatti aiutare a capire cosa c'è scritto.
- Rischi di mercato — sebbene questi certificati cerchino a volte di replicare un benchmark o di andargli conto, potrebbero non avere il risultato sperato per via della loro struttura. Inoltre, essendo quotati solo su certi mercati ed essendo asset sintetici emessi dalla banca, se li si volesse vendere ci si troverebbe di fronte a uno spread denaro lettera molto alto, poiché non sono liquidi come un ETF e i compratori non sono molti.
- Complessità e concorrenza — a conti fatti, data la loro complessità, costi e altre variabili in mano all'ente che li emette, un ETF risulta oggettivamente superiore in tutto ai certificati. Restano solo casi specifici che non sono indicabili qui dove, per via di date esigenze, un investitore consapevole (parola molto importante in questo contesto) decide di virare sui certificati per esigenze che non possono essere soddisfatte in altro modo.
Tassazione dei certificati
I certificati poi, non godono di particolari favori in quanto a tassazione, in quanto rientrano nel 26% di tasse sul capitale guadagnato. Quindi, se compri un certificato a 100 e lo rivendi a 200, i 100 guadagnati saranno tassati al 26%, lasciandoti con 74 in mano. Questa è la stessa tassazione presente su obbligazioni estere, azioni, ETF, materie prime e ogni altro asset.
Le obbligazioni italiane invece, sono tassate al 12,5% sul guadagno. I certificati, però, potrebbero rientrare in schemi di recupero delle minusvalenze ottenute da altri investimenti, dipende dai casi. Per questo discorso però, ti consiglio di rivolgerti a un fiscalista per avere informazioni più precise relative al tuo caso.
Autore
Salvatore Aranzulla
Salvatore Aranzulla è il blogger e divulgatore informatico più letto in Italia. Noto per aver scoperto delle vulnerabilità nei siti di Google e Microsoft. Collabora con riviste di informatica e cura la rubrica tecnologica del quotidiano Il Messaggero. È il fondatore di Aranzulla.it, uno dei trenta siti più visitati d'Italia, nel quale risponde con semplicità a migliaia di dubbi di tipo informatico. Ha pubblicato per Mondadori e Mondadori Informatica.