Come usare tester digitale
Ultimamente sei venuto in possesso di un utilissimo tester digitale, dispositivo essenziale per determinare il valore di diverse grandezze elettriche ed eseguire la diagnostica del funzionamento di qualsiasi apparato in ambito elettrico ed elettronico.
Non essendo molto pratico in questo campo, tuttavia, sei rimasto un po’ perplesso dalle numerose funzionalità che lo strumento mette a disposizione: in effetti viene chiamato anche multimetro proprio perché è possibile applicarlo a varie esigenze di rilevamento di differenti unità di misura elettriche.
Se, dunque, sei alle prime armi e sei alla ricerca di una guida chiara ed esaustiva su come usare tester digitale, non dovrai fare altro che proseguire nella lettura dei prossimi paragrafi, dove troverai tutte le informazioni di cui necessiti per realizzare le tue prime rilevazioni di tensione, resistenza e corrente. Come dici? Sei già pronto con il dispositivo sul tuo banco di lavoro? Perfetto! In questo caso non mi rimane che augurarti buona lettura e buona misurazione!
Indice
Componenti del tester digitale
Cominciamo subito a prendere confidenza con i vari componenti del tester digitale, in modo da conoscere a fondo lo strumento: è uno step essenziale per imparare a utilizzarlo a dovere durante le misurazioni. Il formato più diffuso è quello del multimetro palmare digitale, costituito fondamentalmente da un corpo portatile nel quale si distinguono i seguenti elementi:
- Display — è la componente dove vengono visualizzati i valori delle misurazioni (tester più sofisticati potrebbero mostrare anche informazioni aggiuntive): nei dispositivi standard è a 4 cifre, con la possibilità di visualizzare un ulteriore segno negativo. Nella maggior parte dei dispositivi lo schermo è a LED o LCD e può disporre di retroilluminazione per una migliore consultazione in condizioni di scarsa luminosità.
- Selettore — si tratta del comando principale dello strumento: serve per selezionare la modalità di misurazione, ad esempio corrente (A), tensione (V) e resistenza (Ω) e impostare la relativa scala dei valori. Nella maggior parte dei dispositivi è costituito da una semplice manopola, ma in alcuni modelli più evoluti potrebbero essere presente un tastierino.
- Pulsanti — in base al modello potrebbe essere presente quello di accensione del dispositivo e alcune funzioni aggiuntive attivabili tramite appositi pulsanti, come quello per la retroilluminazione o quello denominato Hold per il blocco della misurazione sul display.
- Connettori — servono a inserire i puntali per collegare i circuiti elettrici al tester. Anche in questo caso, a seconda del modello, potrebbero essere presenti più ingressi: di base avrai certamente a disposizione la porta COM alla quale va convenzionalmente collegato il puntale nero dedicato alla terra, mentre quella che riporta la dicitura mAVΩ è destinata alla sonda rossa ed è omnicomprensiva delle funzionalità di voltmetro, ohmmetro e amperometro (in alcuni casi, però, il tester potrebbe disporre di porte separate per ogni funzione). Un altro connettore molto utile è quello denominato 10ADC (a volte identificato con 10A ), utilizzato per le misurazioni di corrente superiori a 200 mA.
- Vano batterie — solitamente posto sul retro del dispositivo, serve ad alloggiare le pile indispensabili al corretto funzionamento del tester.
Per eseguire le misurazioni vengono forniti assieme al tester anche dei puntali, ovvero le sonde collegate a una coppia di cavi di colore rosso e nero che terminano all’altra estremità con due connettori circolari rivestiti di plastica, i quali a loro volta vanno inseriti nelle rispettive porte del multimetro.
Funzioni di un tester digitale
Sono molte le funzioni di un tester digitale che potrai sfruttare per effettuare, ad esempio, la diagnosi sul funzionamento di un circuito elettrico, o semplicemente per verificare la tensione residua di una batteria.
Le più comuni, per le quali ti esporrò successivamente il metodo di misurazione, sono quelle relative alla verifica dei seguenti valori.
- Tensione — può essere continua (DCV), ed è indicata nel selettore con il simbolo V- di volt (per la misurazione, ad esempio, della carica nelle batterie) o alternata (il simbolo, in questo caso, è formato dalla lettera V seguito dalla tilde ~) la quale, ossia, varia nel corso del tempo (come nel caso dell’alimentazione da un generatore)
- Resistenza — se hai bisogno di verificare la resistenza di un dispositivo elettrico, dovrai fare riferimento alle grandezze comprese nella sezione contrassegnata dal simbolo dell’ohm, ovvero [Ω].
- Corrente — anche in questo caso è possibile misurare sia quella continua (DC) che quella alternata (AC): troverai la scala di valori disponibile sotto la lettera [A] nel selettore. Per quanto riguarda la corrente alternata, però, devi sapere che molti tester economici non supportano questo tipo di misurazione.
Multimetri più evoluti, oltre che fornire una misurazione più precisa, potrebbero disporre di funzionalità aggiuntive come quelle per l’analisi di frequenza, capacità, temperatura, solo per citare alcuni esempi destinati a un uso più professionale dello strumento. Molti dispositivi, inoltre, integrano un tester dei diodi e l’oscilloscopio.
Come funziona il tester digitale
Dopo questa essenziale panoramica sul dispositivo e sulle funzionalità base di cui dispone, è venuto il momento di capire come funziona il tester digitale: nei prossimi capitoli ti illustrerò le modalità per eseguire correttamente una misurazione della tensione continua, della resistenza e della corrente continua, che rappresentano gli usi più comuni in ambito professionale e non.
Misurazione della tensione
In quali casi potresti aver bisogno della misurazione della tensione tramite il tuo multimetro? La tensione, come forse già saprai, corrisponde all’energia necessaria per spostare una carica elettrica unitaria da un punto a un punto b: la pressione che viene esercitata permette agli elettroni carichi di attraversare un circuito di conduzione e di adempiere quindi al loro lavoro, come ad esempio l’illuminazione di una lampada.
Essa viene misurata in volt: la pila, sotto questo punto di vista, rappresenta un esempio lampante di conduttore nel quale, tramite un processo chimico, viene favorito il trasporto di una certa quantità di energia per consentire l’alimentazione di un dispositivo.
Il procedimento da seguire per testare la carica di una pila tramite il multimetro è molto semplice: come prima cosa occorre inserire il connettore del puntale nero nella porta COM e la sonda rossa in quella mAVΩ (o, se presente, in quella dedicato con simbolo [V]). Successivamente, occorre accendere il tester tramite l’apposito pulsante On/Off (o selezionando direttamente il valore necessario dalla manopola).
Il valore selezionato deve essere superiore (ma il più possibile vicino) a quello indicato nelle specifiche del dispositivo sul quale si sta effettuando la misurazione: se, ad esempio, vuoi controllare la carica di una stilo AAA da 1,5V, seleziona il parametro 2V tramite la manopola.
Collega, ora, il puntale del cavo nero alla massa della batteria (per intenderci, dal lato con il simbolo [-] ), quindi fai in modo che il puntale del cavo rosso entri in contatto nell’alimentazione (simbolo [+]): il display mostrerà subito la carica residua della pila.
Misurazione della resistenza
Per resistenza si intende la capacità di un corpo di opporsi al passaggio di corrente elettrica. Può essere utile, dunque, eseguire una misurazione della resistenza per determinare la condizione dei componenti che fanno parte di circuito: col passare del tempo, infatti, l’usura può portare a un degrado di questa capacità.
Più alto è il valore ottenuto (espresso in ohm), minore è il flusso di corrente in grado di oltrepassare tale componente: il funzionamento del dispositivo in cui è integrato potrebbe essere compromesso nel caso in cui il test evidenzi la presenza di valori alti di resistenza.
Come prima regola, è importante che il circuito che si sta andando a diagnosticare sia scollegato dalla rete elettrica e non sia, quindi, in nessun modo alimentato. In secondo luogo, occorre precisare che idealmente il componente da sottoporre a test andrebbe rimosso dal circuito, per evitare che la misurazione venga compromessa dalla presenza di altri componenti.
Infine, come ultima precauzione, è importante che, durante il test, le mani non tocchino i puntali: il corpo umano causerebbe, infatti, una diminuzione della resistenza, portando il multimetro a registrare valori non reali.
Vediamo, quindi, come effettuare questa misurazione su un resistore, ovvero quel componente che, all’interno di un circuito, ha lo scopo specifico di opporre resistenza elettrica al passaggio della corrente, ad esempio per limitare la corrente destinata a determinati settori che hanno bisogno di meno risorse, come i LED.
Il collegamento da effettuare è il medesimo visto nel capitolo dedicato alla tensione: il connettore del cavo nero va inserito nella porta COM, il connettore del cavo rosso nella porta mAVΩ (o su quella dedicata al ohmmetro, se disponibile separatamente, identificata con simbolo Ω).
Dopo aver acceso il tester, se non hai idea di quale possa essere l’intervallo in cui è compresa la resistenza, è buona norma selezionare il valore più alto all’interno della scala degli ohm (ad esempio 2M), a meno che non sia presente un pulsante di autorange, che determina automaticamente la scala in base ai valori registrati.
Il multimetro mostrerà subito il valore OL, prima ancora collegare i puntali al componente. Allo stesso tempo potresti riscontrare la presenza del simbolo MΩ sul display, in quanto in questa fase (con i puntali ancora non a contatto) la resistenza riscontrata è molto alta.
Ora non ti rimane che stabilire un contatto fra i puntali e le estremità metalliche del resistore: se il tester mostra un risultato pari a 0, occorre scalare il valore di riferimento a quello immediatamente successivo tramite la manopola e così via, finché non si ottiene un risultato coerente.
Misurazione della corrente
La misurazione della corrente avviene sulla scala degli ampere, contraddistinta dal simbolo [A]. La procedura da seguire, in questo caso, è molto diversa rispetto a quelle di resistenza e tensione (che avviene in parallelo): ti consiglio di procedere solamente se ti senti confidente rispetto a questo tipo di attività, che comporta l’utilizzo di flussi di corrente continua.
Sostanzialmente, per ottenere i valori reali del flusso di elettroni che transita in un determinato circuito, occorre interromperlo fisicamente in qualsiasi punto e fare in modo che la componente di amperometro del tester diventi essa stessa parte del circuito, immettendo la corrente al punto successivo.
Il multimetro, quindi, va collegato inserendo il connettore del cavo nero alla porta COM e il puntale al filo in uscita dal circuito. Il connettore del cavo rosso, invece, va inserito nella porta mAVΩ (o, se presente, nella porta dedicata col simbolo [A]) a cui corrisponde il fusibile da 200/250 mA, mentre il relativo puntale va a contatto con il cavo di ingresso al circuito (vedi schema sopra riportato per maggiori dettagli). Nota bene: se hai il dubbio che il circuito possa sfruttare più di 200mA, è opportuno spostare la sonda rossa sulla porta da 10A, la quale è collegata a un fusibile in grado di sostenere un carico maggiore.
Inoltre, è bene sapere che per questo tipo di misurazione va monitorata la sua evoluzione nel tempo, almeno per alcuni secondi: potrebbe essere utile, quindi, dotarsi di due morsetti metallici in grado di tenere fermi i fili che permettono l’uscita della corrente in serie dal circuito e la sua successiva re-immissione, liberando in questo modo le mani.
Dopo aver accesso il tester attiva anche il circuito: ti consiglio di selezionare il valore massimo della scala in ampere, disponibile sul tuo multimetro e di diminuirlo in base alla coerenza dei dati rilevati. Il display mostrerà la lettura della corrente istantanea in modalità DC la quale, in base alla condizioni di utilizzo del circuito, varierà di volta in volta.
Autore
Salvatore Aranzulla
Salvatore Aranzulla è il blogger e divulgatore informatico più letto in Italia. Noto per aver scoperto delle vulnerabilità nei siti di Google e Microsoft. Collabora con riviste di informatica e cura la rubrica tecnologica del quotidiano Il Messaggero. È il fondatore di Aranzulla.it, uno dei trenta siti più visitati d'Italia, nel quale risponde con semplicità a migliaia di dubbi di tipo informatico. Ha pubblicato per Mondadori e Mondadori Informatica.